Quest’anno ho lavorato come maestra di sostegno in una scuola primaria affiancando così l’attività di coaching.
Come gruppo insegnanti, una volta al mese, abbiamo cambiato di posto i bambini per creare inclusività, relazioni e supporto fra loro.
A maggio, a pandemia conclusa, abbiamo concesso di unire i banchi a due a due e fatto scegliere ai bambini il/la compagna/o di banco.
Si sono formate le coppie. La maggior parte delle scelte hanno confermato delle nostre ipotesi, altre ci hanno stupito.
Nell’osservare ciò che è avvenuto ho pensato alla frase di Marco Aurelio
“tutto ciò che vediamo è una prospettiva della realtà”.
Ognuno di noi pensa con la propria mappa mentale formata dai nostri pensieri e credenze. Nessuna è uguale a un’altra e nessuna può essere considerata corretta in modo assoluto, solo noi pensiamo che il nostro modo di pensare e ragionare sia corretto e a volte insindacabile.
Passata una quindicina di giorni qualche bambino ha richiesto di essere spostato dando vita a dei terzetti o a nuove coppie, in quanto la vicinanza con chi aveva scelto non rispettava le sue attese e stava creando dei fastidi nel seguire le attività scolastiche.
Davanti a questo episodio mi è tornata in mente una frase di Paola Valeri espressa durante un incontro sulla formazione continua di Coaching By Valures. Lei disse che ognuno di noi oggi è diverso rispetto a chi era nella settimana precedente, solo che non ci osserviamo abbastanza per notarlo, accoglierlo e comprendere in cosa siamo cambiati.
Le scelte fatte dai bambini hanno dato vita a un ambiente più accogliente. Le relazioni sono diventate più fluide, la comunicazione e la loro attenzione alle lezioni, già buone, sono migliorate.
Quest’esperienza mi ha portato a fare un parallelo fra i banchi del gruppo classe e le scrivanie del gruppo ufficio di un’azienda.
In azienda il capo ufficio stabilisce, secondo la propria prospettiva, chi far accomodare su ogni scrivania e le postazioni normalmente rimangono fisse nel tempo salvo nuove necessità aziendali. Osservando l’agire dei bambini, mi sono chiesta quanto gli abbinamenti effettuati da altri siano ottimali per la gestione delle relazioni e rispettino ciò che è ottimale per i dipendenti. Spesso queste scelte vengono accettate così come sono e se non soddisfano le proprie esigenze non si pone la richiesta di essere spostati. Può accadere così di lavorare e trascorre il tempo senza conversare con il collega vicino di scrivania in quanto non riscuote simpatia oppure perché ha dei valori distanti dai nostri, incentrando la conversazione su semplici convenevoli.
Con il passare del tempo anche le persone che compongono il gruppo ufficio cambiano e di conseguenza anche le relazioni con gli altri possono subire delle variazioni. Per alcune persone può nascere la necessità di spostarsi di scrivania in quanto esse sono cambiate. Questo bisogno può restare inespresso per l’abitudine di rimanere sempre alla stessa scrivania. Gli adulti nel tempo possono perdere la schiettezza e la sincerità dei bambini, capaci di chiedere ciò di cui hanno bisogno.
Mi sono chiesta: che effetti si potrebbero avere nelle aziende lasciando liberi i dipendenti di scegliere la scrivania sulla quale lavorare?
Penso che attuare la strategia di far scegliere la postazione di lavoro ai propri dipendenti e anche di poter ruotare di scrivania possa avere vari effetti positivi.
Il clima e le relazioni fra le persone che compongono il gruppo ufficio ne gioverebbero sia in produttività e rendimento, sia nella qualità della comunicazione.
Il posizionamento delle persone alle scrivanie rispetterebbe le sinergie, i valori e le relazioni fra i singoli.
Le persone nel tempo cambiano, lasciando la possibilità di cambiare scrivania e vicinanza fra le persone prenderebbe vita un nuovo equilibrio relazionale e lavorativo.
La libertà di scelta della postazione lavorativa può diventare una modalità per gestire i conflitti che possono sorgere fra colleghi. Quando questi si creano non tutte le persone sono disposte ad affrontarli subito a viso aperto. Per alcune può essere utile mettere del tempo e dello spazio fra loro e chi è parte del disaccordo, per far sedimentare le proprie emozioni, come rabbia, frustrazione, tristezza, irritazione. Lasciare loro la libertà di cambiare scrivania può ridurre il tempo e lo spazio necessari per appianare i contrasti.
Ecco un’altra riflessione: all’interno dell’ufficio si potrebbe, se lo spazio lo consente, posizionare una o due scrivanie jolly per consentire alle persone di spostarsi oppure di stare da sole a seconda delle esigenze del momento che vivono.
Inoltre, il cambiare scrivania dalla quale lavorare aiuta il cervello a non fossilizzarsi sui soliti schemi e movimenti facilitando la creazione di nuove prospettive.
Credito fotografico: Alexa Williams da Unsplash